Tra i molteplici impegni riusciamo ad avere un breve incontro con il presidente, ma tanto basta per fare un po' il punto della situazione sulla sua società, sul campionato, e perchè no, per parlare un po' del calcio femminile.
E allora cominciamo con le domande:
- Presidente Pennestri, cosa ne pensa del campionato della sua squadra fino a questo momento?
Lo ritengo soddisfacente, tenendo conto di alcuni fattori che per me sono fondamentali per una valutazione corretta e non da primo tifoso quale mi ritengo.
Innanzitutto, questo è un gruppo sostanzialmente giovane e alle prime esperienze in un campionato Nazionale come quello di serie B che, seppur modificato di anno in anno nelle componenti tecniche, è pur sempre un mondo a parte rispetto ai campionati regionali. Oggi, sarebbe impensabile tornare a calcare i polverosi campi di periferia o di provincia, nei quali ci siamo sudati la promozione. Fatto salvo questo principio, però, c’è un po’ di rammarico perché per il gioco e le individualità mostrate, potevamo sicuramente essere la squadra rivelazione del campionato. Sono state troppe le battute d'arresto subite durante il cammino verso questo traguardo. Ma sono contento della maturazione che il gruppo sta avendo in questi mesi.
- La squadra ha affrontato momenti altalenanti in questo anno, a cosa sono dovuti secondo lei?
Sicuramente all’età e alla maturazione delle giovani giocatrici che fanno parte della nostra rosa. E’ stata una scelta sin dall’inizio della nostra storia, quella di non andare a cercare giocatrici blasonate, ma di costruire con le ragazze un rapporto che le potesse portare a mettere in campo la loro passione, il loro spirito al servizio della maglia. E ciò ovviamente ha comportato una scrematura iniziale molto profonda delle giocatrici che avrebbero potuto, o potranno, far parte della Domina. Abbiamo sempre puntato su un gruppo di ragazze che hanno dimostrato in ogni occasione di essere legate al nome, al simbolo di appartenenza alla squadra, alla Domina. Anche gli eventi accaduti in questi anni ne sono la prova. Ho avuto modo di interagire con tantissime giocatrici in questi anni, che in alcuni casi si sono anche proposte per la mia squadra, ma se non sentono addosso la nostra maglia, è inutile. Sono ben felice di fare i miei sacrifici, anche economici, per un gruppo di ragazze che ci crede, e che porta questi colori nel cuore.
- Come giudica il lavoro del nuovo mister Romano e perché ha valutato l’idea di esonerare il precedente mister?
Ho imparato con il tempo, quanto sia importante il ruolo dell’allenatore per una squadra di calcio e ancor più nel calcio femminile. Colgo l’occasione per ribadire la profonda professionalità e coscienza morale di Mister Piccolo, al quale dobbiamo una grande riconoscenza per aver portato la Domina alla ribalta nazionale; era tempo, tuttavia, di cambiare qualcosa, di crescere, di trovare il giusto mix tra rapporti umani e crescita tecnica della squadra.
La scelta quindi di un professionista serio e diligente, ma soprattutto di un ottimo educatore di calcio, era d’obbligo. Ed è per questo che abbiamo scelto mister Romano, il quale, benché sia stato lontano dal calcio femminile nella sua 25ennale carriera da allenatore, è stato capace in pochissimo tempo di creare quel rapporto professionale e di stima / rispetto con il gruppo che noi tutti ci auguravamo. E’ la base giusta per il nostro progetto di crescita futura.
- La Domina è stata l’unica società femminile italiana ad andare, per il secondo anno consecutivo, alla NSCAA Convention in America, quali considerazioni ha tratto confrontandosi con una realtà così diversa dalla nostra?
Ormai è la seconda volta che partecipiamo a questa convention ed è quasi come tornare a casa. Perché negli States il calcio femminile è proprio di casa. Infatti, ogni volta che ci troviamo a partecipare a tali manifestazioni, possiamo soprattutto cogliere l’occasione per un importante momento di confronto e di crescita personale e professionale. Noi, unici rappresentanti italiani (oltre al Milan FC) a Baltimora. La nostra presenza li è un motivo di grande vanto e di soddisfazione personale; anche perchè ormai i rapporti con molte società statunitensi, anche universitarie, sono divenuti consuetudine e ciò ci permette di avere una possibilità in più del resto delle squadre italiane di calcio femminile.
- Può spiegarci di cosa parla il tanto discusso progetto di relazioni con squadre americane di cui la Domina è protagonista?
Sono ormai 4 anni e ce ne saranno almeno altri 4 di collaborazione con la squadra dell’Indiana, e la mia prima intenzione allora come adesso, è quella di creare i presupposti adatti affinché il calcio femminile in Italia abbia quel salto di qualità tanto atteso da tutti, ma che mai nessuno riesce ad innescare.
A me personalmente quello che interessa è che il calcio femminile in Italia si dia una mossa, soprattutto nel Sud Italia, altrimenti credo che tra qualche anno saranno molti i professionisti che non avranno la voglia e la volontà di investire nel nostro mondo. Io ritengo, con molta umiltà, che, seppur Campioni del Mondo nel calcio maschile, noi nel femminile abbiamo tantissimo da imparare e nel contempo da esportare all’estero.
Abbiamo tanta passione per il calcio, e vedere le tante praticanti che, con qualsiasi temperatura o condizione atmosferica, vengono sui campi di calcio, spesso senza un rimborso ma solo per passione, è un segno distintivo per il nostro calcio.
Ed è per loro, che sento il dovere di andare avanti.
Una volta per giustificare chi mi attaccava per le mie idee “anticonformiste” nel modo di porci verso il calcio femminile, mi fu detto che “chi si muove per migliorare lo stato delle cose, è punibile per le sue idee”; ma infondo io sono un sognatore e spero che un giorno chi lavora per il bene comune dovrà averla vinta.
Per questo mi auguro che quest’anno due ragazze della Domina possano andare negli States per vivere un’esperienza unica con le migliori giocatrici al mondo. Perché è per loro, e per nessun fine economico (tanto più che i costi di tutta l’operazione sono a carico della mia società) che si organizza, si motiva, e si progetta di dare questa opportunità. Per fare un esempio calzante, io immagino che ad una squadra di un’ottima categoria, ma dilettante, venga data la possibilità di giocare per 1 o 2 mesi a Milanello con Kakà o Seedorf, oppure ad Appiano Gentile con Ibrahimovic o Stankovic, o ancora a Trigoria con Totti o Mancini. Penso che, come è accaduto per Campioni, la nota trasmissione televisiva, ci sarebbe la fila fuori i cancelli dei centri sportivi. Ed io mi illudo ci possa essere questa opportunità anche per tante giovani calciatrici che sognano di giocare in Nazionale o contro le migliori giocatrici del Mondo.
- Quali sono le sue ambizioni con la Domina? Dove pensa di poter arrivare?
Le ambizioni della Domina sono sempre quelle di migliorarsi e di crescere, anche attraverso il riconoscimento dei propri errori o quando ci si trova in difficoltà. E chi conosce il calcio femminile, chi ama questo mondo, sa come si debba convivere quotidianamente con le difficoltà. Io sogno la Domina ad alti livelli nazionali, ma so che per far sì che questo mio sogno si realizzi, c’è da fare un lavoro lungo e molto dispendioso; spero, quindi, di trovare la forza, e un gusto manipolo di volenterosi e generosi collaboratori, che pian piano vogliano affiancarsi, a me e al mio attuale staff dirigenziale, in questa mia avventura.
- Cosa pensa che manchi al calcio femminile?
Oggi innanzitutto, manca serenità. La serenità di poter lavorare tutti insieme affinché si migliorino le cose. Piuttosto che avere la voglia di cambiare e rivoluzionare tutto, si dovrebbe capire che i primi a dover cambiare siamo proprio noi che ne facciamo parte, e che non riusciamo a superare le nostre diversità, i nostri modi di pensare e i nostri colori sociali. Quando si preferisce criticare la classe arbitrale o la federazione, piuttosto che stigmatizzare comportamenti scorretti, violenti o di inutile isteria vuol dire che si sta raggiungendo un punto piuttosto critico; mentre poi quando si devono commentare avvenimenti come quelli di Catania - Palermo siamo tutti in prima fila con la bandiera dei pacifisti e dei De Cuberteniani. Ricordo che una volta, in una delle riunioni tecniche con lo staff, uno dei miei allenatori mi disse che ci voleva professionalità e non professionismo nel calcio femminile, chiarendo quanto sia importante una mentalità diversa per cambiare un mondo “diverso” come il nostro. Forse è giusto, ma vorrei aggiungere, quanto sia importante che tale cambiamento parta dalla base
Forza Domina!
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